IL FUTURO INCERTO DEI GIOVANI
di Stefania Zepponi


Il progetto “#ciollansia_corpo, segno, parola contro il disagio giovanile” ci ha portato a contatto con 3 classi di 3 Istituti Superiori molto diversi tra di loro per posizione geografica, per tipo di indirizzo di studi e per utenza. 

Proseguendo nella nostra sperimentazione attuale, abbiamo proposto all’interno del progetto dei laboratori di gaming, arte e danza connessi tra di loro, con l’occhio esterno di una story teller che tenesse traccia di quanto di volta in volta emergeva.

I temi affrontati negli incontri sono stati scelti dai ragazzi stessi tra una rosa di proposte avanzate da noi. Già la scelta operata dai ragazzi ci ha fornito momenti di riflessione: al primo posto, tema più votato “FIDUCIA”; al secondo posto “FUTURO”.

La positività che queste scelte sembravano per noi riflettere in realtà si è poi dimostrata, nell’esperienza delle attività proposte, quasi inesistente.

Scarsa fiducia in se stessi e negli altri, incapacità ad affidarsi, scarsa disponibilità a mettersi in gioco in qualcosa di nuovo ed estraneo, poca disponibilità a farsi attraversare dalle pratiche in favore di un innalzamento di muri difensivi intorno alla propria zona di confort da cui sembra pericoloso uscire. Nessuna idea luminosa di futuro, alla cui idea sono state associate parole come “morte”, unica certezza che ci accomuna, funerali e in genere un ambiente dal gusto un po’ gotico o comunque dark. Un orizzonte quindi chiuso e scuro, non aperto a desideri, senza aspettative.

Altri 2 elementi ci hanno colpito per la loro ricorrenza.

Il primo è il non sentirsi responsabili di quanto sta accadendo, e il non assumersi la responsabilità dell’azione. Piuttosto ci si  leva dalla situazione tirando su il cappuccio della felpa, o attaccandosi al cellulare, chiudendo l’attenzione, lasciando che le cose scorrano in un indistinto intorno su cui non sembra si possa avere presa. Si può entrare, uscire, concedersi per il breve tempo che la difesa della propria individualità permette, senza un reale sentirsi attori attivi.

L’altra è l’enorme disagio di fronte a figure autorevoli, come potevamo essere noi dello staff che proponevamo e conducevamo le attività. Disagio che si è manifestato in comportamenti oppositivi e provocatori, atteggiamenti di sfida, polemiche snervanti. 


Da questa esperienza è emerso quindi un panorama abbastanza desolante, anche avvilente, montagne che non pensi di poter scalare e sulle cui dorsali non immagini come possano crescere fiori.


Eppure ….. questi piccoli ma potenti strumenti che il mondo artistico ci mette a disposizione - la possibilità di star seduti a terra in cerchio, il rotolare delle matite colorate che nel momento in cui toccano la carta raccontano qualcosa che non ci siamo mai detti, il senso di comunità che coltiviamo al nostro interno per poter essere fautori delle nostre pratiche - hanno aperto delle brecce, mostrato piccole possibilità, suggerito che si può allentare la difesa e permettere agli altri di avvicinarsi in un terreno protetto di ascolto dove il giudizio è sospeso.

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