PENSIERI SPARSI

E' la prima volta che AMSD patrocina un'iniziativa e lo fa volentieri, per la qualità dei suoi contenuti.


laboratorio con Stefania Brugnolini

“è stato molto interessante scoprire come molte idee implicate in un’estetica contemporanea della danza abbiano radice nella tecnica Cunningham, ad esempio la scissione tra danza e musica, la possibilità di accogliere la casualità nell’evento performativo attraverso dispositivi d’improvvisazione, o il lavoro più prettamente corporeo sulle curve della schiena”
Francesca Gironi


calore concentrazione/attenzione/segmenti di corpo/respiri/radici
Silvia Manoni
Un tuffo nella tecnica di Merce Cunningham, complessa forte con infinite possiblità corporee, Stefania Brugnolini ci è riuscita a trasmettere con chiarezza e passione l'importanza dello studio di questa tecnica e ci ha fatto conoscere Merce Cunningahm in tutta la sua grandezza come uomo e come coreografo. Il solo presentato da Stefania, intenso emozionale, è stato essenziale per capire come una tecnica passando attraverso l' elaborazione personale e facendo della casualità una possibilità possa trasformarsi in emozione pura. Ringrazio veramente Stafania Zepponi per tutto il suo lavoro e le occasioni che ci regala.
Laura de Lutiis
L’arte contemporanea si è evoluta con il tempo, le abitudini, la tecnologia. Non sempre bene, non sempre coerentemente. Si è lasciata guidare, influenzare, respingere, trascinare ed, a volte, plasmare dalla voglia o necessità di omologarsi alla propria collocazione temporale. In quest'ottica di mutua contaminazione, la danza è forse la forma d'arte che è rimasta nel tempo più coerente a se stessa in quanto nasce, cresce, si sviluppa e si esaurisce nei limiti della sua unica forma espressiva: il corpo. Il corpo come mezzo creativo, come punto di partenza e di arrivo, come oggetto estetico, come proiezione della mente e come materializzazione delle emozioni. VisionWork nasce come esperienza informativa ancor prima che formativa. Una porta aperta verso l’esterno e verso anche coloro che concepiscono la danza come puro esercizio estetico piuttosto che come un lungo e complesso lavoro di ricerca. VisionWork è un viaggio nel passato, nel presente e nel futuro. Un percorso di ricerca che nasce dall’interno ma si sviluppa attraverso il corpo e che ha come scopo quello di avvicinare le persone alla danza con lo stesso entusiasmo e curiosità con i quali ci si avvicina ad un bel libro, di cui ognuno può essere autore.
Vanessa Belardinelli
laboratorio con Ketty Russo

Non è così consueto che tra un “pubblico” ed un’artista si realizzi uno scambio a più livelli e trovo che in questa manifestazione si siano create le condizioni perché questo accadesse. Condurre un seminario, presentare una propria performance, potere subito dopo ascoltare le impressioni, accogliere le osservazioni e le domande dei presenti con i quali continuare un dialogo, questa volta verbale, sono occasioni per attuare un confronto e uno scambio che nella reciprocità ha una valenza formativa per il pubblico, come anche per l’artista. Personalmente penso che condurre un laboratorio di danza implichi anche essere testimoni del processo di ricerca che ogni singolo partecipante ed il gruppo mette in atto, ricerca che coinvolgendo il corpo ed il suo movimento non può prescindere dalla ricerca di sé. Ricevere tale testimonianza è uno degli strumenti attraverso cui si conosce e si sperimenta il proprio potenziale, essere testimoni significa accogliere e raccogliere tale conoscenza, e questo è una risorsa. Qualcosa di analogo succede, forse, durante la presentazione di una performance o di uno spettacolo. Così penso che, per me, la qualità e l’intensità di questa esperienza, siano state determinate dall’opportunità di essere stata “testimone” del processo dei danzatori che hanno partecipato al laboratorio e al contempo di essere stata “testimoniata” dagli stessi e dall’avere ricevuto una loro restituzione assai concreta (presente nei loro corpi, nei loro volti e nel loro movimento) di questa transazione. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato al “lavoro” di questi tre giorni e in particolare sono grata a Stefania Zepponi e Viviana Falcioni per avere ideato organizzato e attuato questa valida quanto preziosa iniziativa, che spero possa avere un seguito in futuro.
ketty russo


La preoccupazione di avere un week end per la maggior parte occupato un pò si era insinuata (la sveglia anche la domenica ecc..), ma si è fatto largo il ricordo che avevo dei seminari fatti in precedenza con Ketty e così ho partecipato. E' stato emozionante e commovente. E' stato ristrutturante (o destrutturante???) ed interessante. La possibilità di avere delle indicazioni, sperimentare poi liberamente sul proprio corpo, sentire che il proprio corpo è rispettato e la creatività valorizzata...questo per me è stato semplicemente bello. Forse l'emozione più grande, quella di tornare a comunicare con il corpo. Corpo che in qualche modo aveva già imparato ad andare in bicicletta (aveva memoria dei lavori passati), ma che non è mai uguale (le catene si arrugginiscono ...). E se la memoria non ha cercato di cancellare, ma ha spolverato, probabilmente è perchè il percorso passato è stato un bel percorso. La strada era più o meno la stessa, ma i paesaggi cambiati. Questo continuo rinnovarsi da parte di ketty sia nella didattica che nella ricerca personale, che poi si è vista nella fase performativa, è stata un'altra cosa utile da vedere. Da dire c'è tanto...
da fare...forse anche di più. Buon lavoro
sabrina ferini


Il secondo appuntamento di VisionWork è stato un ritorno a casa...Ketty ci ha trasportato all'interno delle nostre capacità corporee per cercare di oltrepassare i limiti e percepire la "libertà" del movimento.
Emozionanti ed intensi ........i suoi soli....una vera poesia scritta con il corpo, una danza unica e personalissima, risultato di una ricerca e studio che va oltre le tecniche contemporanee. Grazie
laura de lutiis


Questo stage è stata una rivelazione per me perché tornare a lavorare con Ketty con una mentalità ed un fisico più maturi, mi ha permesso di apprezzarne ancora di più il lavoro. Attraverso gli stimoli, costanti nel seminario, verso una ricerca corporea intima, ho trovato una nuova qualità del mio movimento che non avevo mai sperimentato prima; ho quindi esplorato strade nuove e molto interessanti che adesso riesco percorrere anche nelle lezioni quotidiane.
clementina verrocchio
Assoluta conoscenza e padronanza del proprio corpo. Studio intimo del movimento che senza complessità univa il sotto al sopra e rendeva il tutto scorrevole e preciso. Senza uso di luci e costumi particolari è riuscita a rendere il suo pezzo unico anche grazie al tempo scandito semplicemente con i piedi o dal suo respiro. Ogni movimento era pieno di energia e intenzione.
selene casciotta
laboratorio con Alessandra Sini

Non sospettavo che ad Ancona ci fosse un gruppo di irriducibili della danza di ricerca. Eventualità rara e quanto mai anacronistica in un mondo in cui l’immagine, il fare, la capacità tecnica e acrobatica (nella danza), sono preponderanti. L’esperienza di lavoro è stata molto positiva. Ho trovato la concentrazione giusta e il gusto per la sfida a superare i propri canoni mentali e comportamentali in relazione al corpo e al proprio limite. Un gruppo di ragazze che in soli tre giorni, ognuna a suo modo, ha modificato e trasformato l’atteggiamento, l’allineamento e la dinamica in relazione allo spazio. Non è poco! Lo spazio, infatti, è la dimensione con la quale si ha meno confidenza in un “mondo formativo” sul movimento che parla il linguaggio di tecniche e codici stilistici. L’autonomia della relazione con l’elemento altro (lo spazio principalmente e poi anche gli altri corpi e la scena) è la chiave per alimentare la propria danza, per incoraggiare creativamente l’approccio al lavoro sul corpo. La performance presentata ha sicuramente moltiplicato gli stimoli e ha mostrato un possibile indirizzo del percorso iniziato, uno degli esiti creativi possibili, una delle molteplici modalità di alimentare il corpo in relazione ad una scelta coreografica. Apprezzabile il momento d’incontro successivo alla performance, in cui le osservazioni e le domande scaturite dal pubblico numeroso hanno focalizzato alcuni dei nodi d’indagine del lavoro laboratoriale e hanno chiarito meglio gli scogli da superare per una consapevolezza più completa di sé nella danza. L’azione performativa mette a nudo l’individualità artistica e potersi confrontare con una qualità artistica professionale in una dimensione intima e ravvicinata come è accaduto all’HangarCultLab è stata un’occasione preziosa e rara. Per il pubblico tutto, ma in particolare per chi pratica la danza con dedizione ed impegno, ma anche per noi, che abbiamo danzato esponendo il nostro lavoro con l’elementarità richiesta dal luogo, dalla condizione logistica e tecnica. Un esperimento riuscito, dunque, da molti punti di vista, che ha gettato le basi per un approfondimento che necessità di varietà e soprattutto di continuità in una situazione in cui l’occasionalità spezza qualsiasi possibilità di costruzione formativa e artistica.
alessandra sini


tre giorni di lavoro intenso, alla scoperta di nuove metodologie, incontrarsi con danzatori di varie tipologie, insieme, per approfondire nuove tematiche della danza è sempre un’esperienza entusiasmante che apre un orizzonte più vasto al lavoro abitudinario nel proprio gruppo
viviana falcioni
a volte l'atto performativo è del tutto distante dalle aspettative maturate durante il laboratorio. Il lavoro d'indagine sul corpo che si affronta durante il laboratorio può avere esiti coreografici del tutto diversi. Questo mi sembra sempre spiazzante e interessante
francesca gironi
La differenza è stata essenziale per rendere interessanti le tre proposte e creare la voglia di sperimentare e conoscere lo sconosciuto. Stimola la curiosità e rende vivo il corpo che altrimenti si accomoda su strade fin troppo conosciute e uguali.simona binci
mi ha permesso di sperimentare e confrontare diversi approcci al lavoro, diversi metodi di insegnamento. Nonostante la brevità degli stage è stato possibile apprendere abbastanza in modo da poter applicare lo studio fatto all’allenamento di tutti i giorni. Essendo stati questi tra i miei primi stage, sono stati sicuramente importanti per superare l’ambiente protetto dell’abituale lezione e mettersi alla prova con qualcosa di sconosciuto, nuovo e diverso.
clementina verrocchio
Resta solo da sottolineare la scarsa presenza delle istituzioni finanziatrici del progetto che sarebbe stata gradita proprio in quanto enti preposti alla formazione; la loro presenza fattiva avrebbe testimoniato un appoggio non solo economico ma di reale interesse verso le forze pulsanti del territorio nel quale si trovano ad operare.
stefania zepponi

 

 

 

 

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